Colore | Colori |
Distribuzione | Terminal Video |
Formato | Dvd |
Lingue | Francese,Italiano |
Titolo originale | Age Des Tenebres (L') |
Vietato ai minori | Per tutti |
3d | No |
Numero Supporti | 1 |
Anno di produzione | 2007 |
Nazione | CAN |
Formato video | Wide Screen |
Durata | 100 |
Formato audio | Dolby Digital 5.1 |
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L' ETA' BARBARICA - DVD
L’età barbarica (furbetta traduzione del ben più efficace L’age du tenebres) è il termine di un ideale trittico con cui il regista canadese Denys Arcand ha ritratto il declino di una società che corre, inconsapevole, verso l’autodistruzione. E se nei precedenti Il declino dell’impero americano e Le invasioni barbariche rimaneva ancora una fiammella di speranza nella possibilità di costituire una sorta di “cenacolo di eletti” con cui affrontare serenamente le pene e le delusioni, qui sembra di capire come l’unica consolazione sia la solitudine, e un ritorno a una vita bucolica in cui il senso sia scandito dal semplice atto di concimare un campo o di sbucciare una mela. I barbari sono tra noi, sembra dire Arcand, e non vi è scampo. L’unica uscita di sicurezza è nei sogni. Quelli che Jean-Marc (splendidamente interpretato dall’attore teatrale e televisivo canadese Marc Lebreche)si inventa nei momenti più disparati e che rischiarano una giornata altrimenti noiosa e banale: mentre si fa la doccia (strepitosa la scena d’amore con un’immaginaria Diane Kruger), o mentre è fermo in un’interminabile colonna di automobili guidate da persone sempre più isteriche e urlanti, oppure al lavoro, mentre affastella gesti di ordinaria inutilità. Oppure quelli che cercano una strada verso una realtà, come accade in una strampalata messinscena medievale, dove un vigile urbano diventa un invasato S.Bernardo predicatore della crociata contro gli islamici, e un’affascinante donna vestita da principessa di Savoia (e incontrata dal protagonista a uno speed date in un locale pochi giorni prima) diventa il dono riservato al vincitore di un pericoloso torneo. In entrambi i casi, vince la rinuncia a un mondo incomprensibile, in cui le nostre esistenze si sono avvitate fino a diventare troppo complicate e non c’è spazio per la semplicità dei sentimenti o per la condivisone delle emozioni. Siamo senza risposte, e a volte anche le nostre domande appaiono difficili. E rimaniamo in balìa di un’emotività primitiva, che ci fa guardare al nostro interesse personale, meschino e privato, e ci fa considerare la prevaricazione come un atto legittimo. Le nostre vite sono talmente avviluppate che, quando ne viene a mancare l’oggetto primario (nella fattispecie, quando Jean-Marc viene lasciato dalla moglie e, una volta solo, potrebbe riprendere possesso della propria esistenza), i nostri sogni non ci servono più e l’unica cosa che veramente desideriamo è possedere nuovamente quel fattore di negatività che, con tanta fatica, abbiamo lasciato andare via. Arcand condisce la vicenda con i consueti dialoghi scoppiettanti, ma poco può fare di fronte alla disamina spietata dell’inevitabile caduta verso un medioevo fatto di dolente accettazione. L’età barbarica è forse il suo film più cupo, che mostra in tutto il suo orribile splendore il disgusto verso un’epoca in cui il passato glorioso è definitivamente tramontato e il futuro è un’ipotesi da costruire giorno per giorno con sempre maggiore fatica. La speranza è quella di avere la forza e la possibilità di inventarsi un nuovo inizio, circondati da persone semplici con cui scambiare poche parole di cortesia. E nonostante questo, lo sguardo è velato dal rimpianto, e le nuove abitudini rimangono come sospese a mezz’aria, in un’atmosfera anch’essa troppo simile ai sogni che si sono lasciati alle spalle. Oppure, coeva (come nell’ultima, splendida inquadratura) a un’immobile natura morta.
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